Segreti industriali (know how): la tutela è assicurata a chi dimostra di averli adeguatamente protetti.
Segreti industriali (know how): la tutela è assicurata a chi dimostra di averli adeguatamente protetti.
Se gli stati e le forze armate nei secoli hanno sviluppato procedure sempre più raffinate e impenetrabili per acquisire e proteggere le informazioni ritenute decisive per la propria integrità e potenza, le imprese non sempre si premurano di definire protocolli a difesa delle conoscenze tecniche o commerciali che assicurano loro un vantaggio competitivo sul mercato, altrimenti dette “ know how”.
Il legislatore, consapevole di questo fenomeno, ha previsto un’efficace protezione dei segreti industriali agli articoli 98 e 99 del codice della proprietà industriale (CPI), come emendati con il D.Lgs. 11 maggio 2018, n. 63
Ad essere tutelate dall’ordinamento sono le conoscenze che, nel loro complesso, o, nella loro configurazione, consentono all’imprenditore di fruire di un vantaggio competitivo sui concorrenti.
Si proteggono quindi le informazioni di rilevanza economica, che non sono né già conosciute da tutti, né facilmente accessibili agli esperti o agli operatori di settore.
In una metafora esplicativa, il know how è il complesso di conoscenze di chi ha studiato di più rispetto alla media, cercando approfondimenti oltre i libri di testo, ma senza accrescere il complesso delle nozioni esistenti.
Diversamente, il brevetto è concesso (in premio) a chi, con la propria soluzione inventiva, accresce il novero delle conoscenze tecnologiche.
E’ fondamentale sapere però che la tutela del know how è garantita soltanto alle informazioni economicamente rilevanti che sono “sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete”.
E’ quindi fondamentale che l’impresa che vuole tutelare il proprio know how, non dimostri semplicemente l’avvenuta diffusione di informazioni riservate e sensibili, ma deve dare evidenza dell’avvenuta violazione di adeguati protocolli da essa predisposti per impedire il loro accesso al pubblico.
Nella causa civile di I Grado iscritta al n.r.g. 5372/2012 avanti il Tribunale di Milano definita con sentenza n. 2302/2017 pubbl. il 23/02/2017, la società FACON EUROPE S.P.A (attrice) aveva lamentato “di aver avuto contezza che la convenuta era entrata improvvisamente nel particolare segmento di mercato dei condensatori elettrolici (c.d. Motor Start) del quale fanno parte sono pochi competitor al mondo. E ciò offrendo ai suoi stessi clienti prodotti del tutto analoghi ai propri, realizzati -non solo ripetendo gli insegnanti tutelati dalle domande di brevetto già esaminate ai punti sub. 2 ma altresì- usando indebitamente il proprio intero patrimonio di conoscenze tecniche e commerciali, mantenute segrete ”.
Il complesso di conoscenze comprendeva non solo metodiche ma anche informazioni commerciali relative sia alle forniture che alle vendite.
Il Tribunale di Milano pur riconoscendo che il complesso di questi elementi era qualificabile come know how ai sensi dell’art.98 del CPI riscontrava che
-“le specifiche tecniche della miscela elettrolitica (ivi incluse l’indicazione dei componenti chimici, la relazione proporzionale ed i quantitativi dei prodotti, le tempistiche e le temperature per lo scioglimento dei componenti) erano accessibili non solo a cinque dipendenti, tra cui Paolo Bachi, ma anche a tutti i soggetti terzi, estranei a Facon, che avessero avuto accesso agli uffici amministrativi dell’attrice. Era infatti stato previsto “di tenere la formula sempre a portata di mano e visibile anche per il controllo qualità effettuato dagli ispettori ”
- il “foglio lavorazione”- che riportava tutti gli elementi per costruire il condensatore, quali le misure delle custodie, i nominativi dei fornitori e dei clienti- non era conservato con particolari cautele di riservatezza e per tali ragioni era anche entrato nella disponibilità di soggetti terzi”
- “sulla scheda di lavorazione non era apposta alcuna indicazione di confidenzialità e che la medesima passava di mano in mano a tutti gli addetti alle relative lavorazione che poi è stata riconsegnata a lavoro finito dai terzisti”.
per cui ha negato alla parte attrice una tutela alle informazioni aziendale ex art. 99 CPI.
La conseguenze di questa mancata tutela sono state molto gravi, in quanto non è stato possibile ottenere la distruzione dei beni prodotti utilizzando il know how della parte attrice, e nemmeno un’interruzione della realizzazione di questi beni da parte della convenuta dal momento che il Tribunale di Milano ha ritenuto che fosse ormai trascorso un tempo sufficiente a presumere che quest’ultima avrebbe potuto acquisire per conto proprio le informazioni tecniche e commerciali che l’attrice non aveva adeguatamente tenuto segrete.
Avendo riscontrato che alcuni dei comportamenti tenuti dalla convenuta erano configurabili come concorrenza sleale ex art. 2598.3 il Tribunale di Milano ha stabilito un ristoro del danno della parte attrice in termini di lucro cessante, ma il vantaggio concorrenziale che poteva vantare originariamente grazie al proprio know how era ormai inesorabilmente perduto.
Ogni impresa che ritiene di avere sviluppato un importante know how deve quindi dotarsi di un adeguato protocollo di segretezza.