Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio

Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio

Una delle modifiche più radicali introdotte nel nostro ordinamento negli ultimi anni, è rappresentata dall’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza che, dal luglio 2022, ha sostituito la precedente Legge Fallimentare italiana (Regio Decreto n. 267 del 16 marzo 1942).

A distanza di due anni e mezzo dall’entrata in vigore del nuovo Codice, e anche a seguito del c.d. terzo decreto correttivo apportato alla normativa con il D.Lgs. n. 136 del 13 settembre 2024, è interessante esaminare quali siano gli effetti concreti di questa riforma sul mondo imprenditoriale e quali le applicazioni pratiche delle novità introdotte.

Considerata la portata massiccia dell’impianto normativo, è impossibile analizzare tali novità per intero ed è invece opportuno soffermarsi su singoli aspetti peculiari che possono risultare di interesse ai nostri lettori.

Nell’approfondimento di questo mese ci occuperemo del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio.

Diversamente da quanto il nome possa far pensare, la procedura oggi in esame non è una sottospecie del più noto e tradizionale concordato preventivo. Trattasi infatti di un percorso regolamentato da una disciplina autonoma e distinta da quella del concordato preventivo, caratterizzata da aspetti peculiari che solo in parte, e solo a fronte di specifici richiami, condivide le norme del concordato ordinario.

Anzitutto, al debitore-imprenditore è precluso l’accesso diretto al concordato semplificato posto che la procedura è utilizzabile solo come sbocco della composizione negoziata quando nessuno degli esiti previsti dalla stessa sia risultato praticabile e, in ogni caso, solo a condizione che le trattative svolte durante la suddetta composizione negoziata si siano svolte con correttezza e buona fede e che l'interlocuzione con i creditori sia stata effettiva e completa.

Entro 60 giorni dal deposito della relazione finale dell’esperto - resa all’esito del tentativo di composizione negoziata - l’imprenditore può presentare al Tribunale una proposta di concordato di cui si richiede l’omologa, allegando un piano di liquidazione del patrimonio con il relativo progetto di pagamenti che si intendono effettuare impiegando l’attivo ottenuto dalla liquidazione nonché un parere rilasciato dal medesimo ausiliario con riferimento ai presumibili risultati della liquidazione proposta.

Dalla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, ove l’imprenditore ne abbia fatto richiesta, si producono una serie di effetti tipici di altre procedure concorsuali tra cui ricordiamo, tra i più interessanti, il c.d. automatic stay, ovvero l’impossibilità per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore.

Depositato il ricorso, il Tribunale

  • nomina l’ausiliario, figura solo in parte simile a quella del commissario giudiziale del concordato preventivo, e con compiti più limitati;
  • ordina la comunicazione del ricorso, del piano e del parere dell’esperto ai creditori
  • e fissa l’udienza per l’omologazione del concordato.

Tanto descritto, emergono le principali differenze con il concordato preventivo tra cui si evidenzia la mancanza del voto per approvazione da parte dei creditori, per i quali l’opposizione all’omologazione è l’unico strumento di dissenso riservato, e l’assenza di una soglia minima di soddisfacimento dei creditori chirografari.

L’omologazione del concordato infatti, viene pronunciata a seguito della verifica da parte del Tribunale dei seguenti requisiti:

  • rispetto delle cause di prelazione,
  • fattibilità del piano di liquidazione,
  • mancato pregiudizio ai creditori che devono ottenere un trattamento economico per lo meno paritetico a quello della liquidazione giudiziale (ex. fallimento),
  • utilità per ciascun creditore che potrebbe essere anche non monetaria (come ad es. la prosecuzione dei rapporti).

Un aspetto certamente interessante per i terzi è rappresenta dalla possibilità di acquistare l’azienda, uno o più rami della stessa, o singoli beni, senza necessità di svolgimento di procedure competitive. Tale circostanza si verifica qualora il piano liquidatorio includa un’offerta d’acquisto irrevocabile e a termine (c.d. offerta preconfezionata). In tal caso, infatti, l’ausiliario è tenuto a verificare l’assenza di soluzioni migliori sul mercato e - ottenuta l’autorizzazione dal Tribunale - dà esecuzione all’offerta, anche prima dell’omologazione del concordato.

In virtù del terzo correttivo alla normativa, intervenuto lo scorso settembre (D.Lgs. n. 136 del 13 settembre 2024), non sono soggetti a revocatoria gli atti e i pagamenti effettuati in esecuzione del piano liquidatorio, garantendo agli stessi una certa stabilità, anche in caso di successiva liquidazione giudiziale del debitore.

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