Blockchain e prova della data certa: profili giuridici e applicazioni pratiche

Blockchain e prova della data certa: profili giuridici e applicazioni pratiche

Una recente sentenza del Tribunale di Marsiglia del 20 marzo 2025 segna un importante passo avanti nel riconoscimento giuridico della tecnologia blockchain come strumento idoneo a fornire prova della data certa. Per la prima volta, una corte francese ha validato l’uso dell’“hash” ancorato su blockchain per dimostrare l’anteriorità di un’opera ai fini della tutela del diritto d’autore.

Questa decisione si inserisce nel più ampio dibattito, anche italiano, sulla crescente diffusione della tecnologia blockchain che ha suscitato l’interesse della dottrina e della giurisprudenza in merito al suo possibile impiego come strumento probatorio, in particolare per l’attribuzione di data certa, appunto, ai documenti digitali.

Sebbene non esista ancora una disciplina organica che regolamenti espressamente tale utilizzo, è interessante esaminare lo stato dell’arte in Italia rispetto a questo tema.

Preliminarmente - La nozione di data certa

Nel nostro ordinamento, la data certa è fondamentale per dimostrare l’esistenza di un determinato documento in un preciso momento temporale e renderlo opponibile ai terzi. Tradizionalmente, i mezzi previsti dal Codice civile italiano per attribuire data certa a un documento sono:

  • la registrazione presso un ufficio pubblico;
  • l’apposizione di un timbro postale;
  • la sottoscrizione autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale.

Tuttavia, l’evoluzione tecnologica ha aperto la strada a metodi alternativi, come la marca temporale qualificata prevista dal Regolamento eIDAS (Reg. UE 910/2014), e più recentemente all’utilizzo della blockchain.

La blockchain come strumento di “timestamping

La blockchain è un registro digitale distribuito e immutabile, in cui ogni blocco di dati è legato crittograficamente al precedente, formando una catena inalterabile. Una delle caratteristiche essenziali di questa tecnologia è la tracciabilità temporale delle operazioni: ogni transazione, infatti, è associata a un preciso timestamp.

Attraverso l’ancoraggio (hashing) di un documento o della sua impronta digitale (hash) su una blockchain pubblica, è possibile dimostrarne l’esistenza in un determinato momento, in modo non modificabile e verificabile da terzi. Questo processo può essere accompagnato da una certificazione notarile o da un atto di constatazione da parte di un ufficiale giudiziario (c.d. verbale di constatazione), rafforzando il valore probatorio della prova in termini processuali.

Profili giuridici e processuali

Anche se in Italia manca ancora una norma specifica che riconosca espressamente la blockchain come mezzo per conferire data certa, la giurisprudenza civile europea, come abbiamo visto più sopra, ha iniziato a valutarne l’utilizzo.

La giurisprudenza tende a considerare la blockchain come una “prova atipica”, ai sensi dell’art. 2729 c.c. oppure come un mezzo di prova tecnologico, utilizzabile in giudizio ai sensi degli artt. 115 e 116 c.p.c., purché venga valutato secondo il principio del libero convincimento del giudice.

Conclusioni

La blockchain, pur non potendosi ancora sostituire integralmente ai metodi tradizionali di certificazione della data certa, rappresenta oggi un efficace strumento complementare di prova, soprattutto nel contesto delle transazioni digitali, della tutela della proprietà intellettuale e dei diritti d’autore. Il suo valore probatorio dipende, caso per caso, dalla riconoscibilità tecnica dell’operazione, dalla documentazione dell’hashing e, ove possibile, dall’assistenza di pubblici ufficiali.

Nel prossimo futuro, si auspica un intervento legislativo che ne disciplini esplicitamente l’utilizzo, recependo le istanze di modernizzazione e certezza giuridica provenienti dalla prassi.

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