La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa

La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa

Lo scorso 15 luglio è entrato in vigore il Codice della Crisi e dell’Insolvenza (CCII), a due anni di distanza dalla data inizialmente prevista e rinviata più volte a causa della pandemia da Covid-19.

Lo slittamento di efficacia ha permesso che all’interno del corpus del nuovo Codice confluisse la disciplina relativa al nuovo istituto della composizione negoziata della crisi d’impresa introdotta nel nostro ordinamento dal D.L. 24 agosto 2021, n. 118.

Si tratta di uno degli strumenti maggiormente innovativi del nuovo CCII di cui il presente approfondimento, senza la pretesa di essere esaustivo, intende fornire un primo sintetico esame degli aspetti più salienti dell’istituto.

La ratio è quella di consentire all’impresa la nomina un professionista esperto che possa guidarla verso il superamento della crisi prima che questa diventi stabile nel tempo e critica al punto di dover ricorrere a strumenti giudiziali, sicuramente più complessi e con conseguenze più pesanti per l’impresa e per i suoi interlocutori.

L’accesso alla composizione negoziata è subordinato al soddisfacimento di una condizione negativa di procedibilità e alla contestuale sussistenza di due presupposti.

  • Condizione negativa: l’imprenditore non deve aver presentato domanda di accesso ad uno degli altri strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza previsti dal CCII, quali concordato preventivo, accordi o piano di ristrutturazione del debito.
  • Presupposto soggettivo: l’stanza di ammissione al percorso in parole può essere presentata sia dall’imprenditore commerciale sia da quello agricolo, nonché dagli imprenditori minori, ossia quelli non assoggettabili alla liquidazione giudiziale.
  • Presupposto oggettivo: per l’accesso la norma richiede che l’impresa versi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da renderne probabile la crisi o l’insolvenza il cui risanamento, tuttavia, si prospetti come ragionevolmente perseguibile.

Da notare, sul punto, che inizialmente ci si domandava se anche le imprese decotte, ovvero con risicate o scarse possibilità di risanamento, potessero ricorrere alla composizione negoziata. Oggi, per espressa previsione legislativa, la risposta a tale dubbio non può che essere positiva purché l’insolvenza, seppur conclamata, non risulti irreversibile e dunque sussista una prospettiva di risanamento.

Ma quindi cosa si intende con il termine “squilibro economico”? Molto semplicemente, il CCII sostiene che con squilibrio si intenda l’inadeguatezza dei flussi di cassa a coprire i debiti assunti. Da un punto di vista prettamente economico, un’impresa è in squilibrio quando presenta un patrimonio netto negativo, sebbene appaia ancora capace di creare flussi che siano positivi e quindi possano ripristinare una situazione di equilibrio.

Nel lungo periodo, tuttavia, uno squilibrio economico comporta anche uno finanziario. Benché le due nozione spesso siano sovrapposte, devono essere, per il vero, distinte. Lo squilibrio finanziario, infatti, è la conseguenza di un patrimonio netto costantemente in negativo. L’impresa, in tale condizione, non sarà in grado di produrre risorse finanziarie per far fronte alle obbligazioni assunte.

Il legislatore della riforma, ha espressamente previsto uno strumento, a disposizione dell’imprenditore, per verificare stato di “salute” dell’impresa, introducendo la facoltà di eseguire un test di controllo sull’apposita piattaforma telematica nazionale.

È stata, invero, istituita una piattaforma telematica nazionale, a cui può accedere l’imprenditore autonomamente. Il sito consente di operare un test pratico di verifica che consenta di affermare la possibilità di risanamento.

Vediamo dunque, come si svolge il percorso di composizione negoziata della crisi.

Per accedere all’istituto, l’imprenditore deve depositare – telematicamente, mediante l’apposita piattaforma telematica - istanza di nomina dell’esperto al segretario generale della Camera di Commercio nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa, unitamente ad un alista di documenti, comprendenti – tra gli altri – bilanci d’esercizio, lista dei creditori e situazione debitoria verso Agenzia delle Entrate.

Una commissione formata ad hoc presso la Camera di Commercio, designa l’esperto che ha la facoltà di accettare o rifiutare la nomina. L’esperto è un soggetto terzo, imparziale rispetto a tutte le parti coinvolte, ed indipendente cui viene attribuito il ruolo di conciliatore, ovvero quello di negoziatore e compositore tra i diversi interessi contrapposti.

Ove accetti, l’esperto è chiamato anzitutto a verificare la sussistenza del presupposto oggettivo convocando indugio l’imprenditore, che potrà anche farsi assistere da propri consulenti. A tal fine, viene riconosciuta all’esperto la possibilità di assumere informazioni dall’organo di controllo e dal revisore legale.

All’esito del primo incontro due sono i possibili scenari:

  • l’esperto ritiene concretamente risanabile l’impresa e, dunque, viene dato il via alla composizione negoziata. In tale ipotesi l’esperto calendarizzerà i successivi incontri con le altre parti interessate al processo di risanamento.
  • l’esperto non ritiene ragionevolmente presumibile il risanamento dell’impresa e, pertanto, non prendono forma i negoziati. In questo caso l’esperto deve notiziare sia l’imprenditore sia il segretario della camera di commercio che non sussistono concrete prospettive di risanamento.

Il CCII ha abbandonato qualsiasi forma di automatic stay. Conseguentemente, il deposito dell’istanza di nomina dell’esperto non determina alcun “blocco delle azioni esecutive”, salvo che l’imprenditore non richieda espressamente l’applicazione delle c.d. misure protettive da intendersi come i provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell’impresa del debitore, tra cui –appunto - iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività di impresa.

La procedura per ottenere tali misure prevede anzitutto la pubblicazione dell’istanza sul Registro delle Imprese e la richiesta di conferma, mediante ricorso, al Tribunale competente per territorio.

All’esperto è concesso un termine di 180 per l’espletamento dell’incarico di addivenire alla composizione della crisi. All’esito di tale fase negoziale, è possibile che si concretizzino due possibili esiti.

Se le parti hanno raggiunto un accordo per il superamento della crisi queste possono (i) concludere un contratto, o più contratti, con i quali si disciplina il rapporto con i creditori, oppure (ii) concludere una convenzione di moratoria, che dispone una dilazione delle scadenze dei pagamenti, la sospensione di eventuali azione esecutive o conservative.

Se invece le trattative hanno dato esito negativo è data la possibilità all’imprenditore di (i) proporre un concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (ii) accedere ad una delle procedure concorsuali della crisi disciplinate dalla legge fallimentare.

È bene evidenziare che, al preciso scopo di incentivare il ricorso al nuovo strumento, la normativa esclude che all’esito della composizione negoziata possa intervenire la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale su iniziativa del pubblico ministero, a meno che non sia stato attivato dall’imprenditore il procedimento giudiziale volto alla conferma delle misure protettive o diretto ad ottenere l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili.

 

Avv. Francesca Paris

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