LA CONDANNA JOHNOSN & JOHNSON MEDICAL SPA PER IL REATO DI CORRUZIONE COMMESSO DA UN DIPENDENTE E DA UN AGENTE
Con la recentissima sentenza n. 3314 del 2023 la società Johnson & Johnson Medical S.p.A. è stata condannata dal Tribunale di Milano ex art. 25 del D.Lgs. 231/2001 a fronte della commissione del reato di corruzione da parte di soggetti subordinati.
Nel caso di specie, il dipendente e l’agente di commercio della società avevano stipulato un accordo occulto con un chirurgo ortopedico direttore di una struttura sanitaria pubblica integrando il reato di corruzione.
L’accordo aveva come scopo il favoreggiamento e l’acquisto di protesi della società da parte della struttura sanitaria - nonostante la società fosse stata esclusa dalla fornitura quadriennale di protesi alla struttura stessa - dietro compensi in denaro e altre utilità.
Tra queste utilità vi erano il pagamento di viaggi e soggiorni a latere di eventi scientifici, l’utilizzo a titolo gratuito di strumentazione idonea ad eseguire interventi chirurgici, il pagamento a favore del figlio di somme di denaro. La società inoltre corrispondeva pagamenti anche a soggetti diversi per prestazioni inesistenti.
Tale accordo si manifestava anche attraverso la stipula di numerosi contratti di consulenza retribuita tra la società e il chirurgo senza l’autorizzazione (necessaria) dell’ente di appartenenza.
La pronuncia suscita interesse sotto due profili: da una parte perché sono rari i casi in cui l’ente viene citato in giudizio per la commissione di reati da parte di soggetti subordinati; dall’altra perché uno degli autori del reato è l’agente commerciale, spesso veicolo utilizzato proprio per compiere atti di corruzione.
Il Tribunale ha accertato la responsabilità della società condannandola al pagamento di 200.000 Euro per l’inidoneità del Modello Organizzativo a prevenire il reato commesso e per l’attuazione inefficace dello stesso.
È necessario evidenziare che la società era provvista infatti di un Modello Organizzativo, così come erano previsti protocolli e procedure. Ciò che ha rilevato ai fini della condanna è stata l’inefficace attuazione del Modello stesso così come l’inidoneità dell’impianto sanzionatorio.
Non sono state applicate, invece, le sanzioni interdittive previste dal decreto, avendo l’ente risarcito il danno cagionato, messo a disposizione il profitto e svolto una costante attività di aggiornamento del Modello.
PREMESSA – La responsabilità dell’ente ex d.lgs. 231/2001
L’ente è responsabile quando un soggetto apicale o un soggetto sottoposto all’altrui direzione commette un reato previsto dal D.Lgs. 231/2001 nell’interesse o a vantaggio della società.
La responsabilità dell’ente viene esclusa, invece, quando vi è stata l’adozione e l’efficace attuazione di un Modello Organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello commesso.
In particolare, il Modello di cui si dota la società non solo deve riguardare l’organizzazione e la gestione, ma anche il controllo dell’attuazione dello stesso, controllo fondamentale verso i sottoposti per escludere la responsabilità dell’ente.
Infine, l’efficace attuazione del Modello comporta due aspetti complementari: sia una verifica periodica della sua idoneità con conseguenti modifiche e adeguamenti in caso di significative violazioni o mutamenti, sia un sistema sanzionatorio idoneo.
LA RESPONSABILITÀ DI JOHNSON & JOHNSON NEL CASO IN ESAME
Dall’istruttoria erano emerse anomalie tali da integrare la “colpa in organizzazione”, anomalie strettamente connesse ai fatti-reato oggetto del giudizio.
A fronte di dette anomalie, erano state altresì riscontrate omissioni che avevano agevolato la consumazione del reato, nonostante protocolli e procedure prescrivessero azioni volte a impedirne la commissione. Omissioni che si erano estese anche alle mancate sanzioni per la violazione del Modello.
Ciò che è importante evidenziare è il fatto che il Tribunale aveva rilevato come più volte soggetti interni alla società con specifiche funzioni di direzione e vigilanza avessero avuto “esplicita manifestazione di tali anomalie”. Nonostante ciò, dette anomalie non erano state rilevate da questi soggetti, e, quando era stato fatto, non erano stati attivati i “flussi formativi idonei affinché il modello operasse nel senso di “scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio” secondo quanto richiesto all’art. 7, co. 3”.
Esemplificative sono le circostanze in cui erano stati conclusi i diversi contratti di consulenza con il chirurgo ortopedico.
Il protocollo “contratti di consulenza” e la procedura relativa per il conferimento di tali contratti ad un professionista sanitario prevedevano diverse fasi:
_ la compilazione e l’invio di un modello specifico;
_ il controllo formale da parte della Direzione Compliance;
_ l’invio alla Pubblica Amministrazione (P.A.) della richiesta di autorizzazione e l’ottenimento della stessa;
_ la redazione del contratto con autorizzazione allegata;
_ la comunicazione alla P.A. dei compensi erogati.
L’istruttoria aveva al riguardo evidenziato come per ciascuna delle fasi sopradette si fossero verificate violazioni quali: omessa compilazione del modello, omessa rilevazione di errori, omessa richiesta di autorizzazione alla P.A., omessa rilevazione della mancanza dell’autorizzazione, omessa comunicazione alla P.A. dei compensi.
A difesa della società veniva addotta la circostanza che, come sostenuto dal consulente tecnico di parte, “nessuno dei rapporti contrattuali d’interesse presentava visibili elementi di anomalia rilevabili ex ante”.
Ciò non convinceva il Tribunale, il quale evidenziava come il sistema di controlli interni avrebbe dovuto essere in grado di rilevare e bloccare le violazioni della procedura sopradette, così come avrebbe dovuto essere in grado di intercettare le anomalie nel loro insieme, anche se i contratti singolarmente considerati non presentavano anomalie di per sé.
Proseguiva, infatti, il Tribunale notando come non ci fossero stati controlli orientati ai rapporti con il medico, nonostante lo stesso avesse esplicitamente chiesto di non comunicare alla struttura sanitaria i contratti retribuiti, e nonostante avesse più volte rimarcato il suo impegno nel convincere (“lottare” con) la struttura ad utilizzare le protesi della società.
CONCLUSIONI
La responsabilità della società Johnson & Johnson viene pertanto fondata sul riscontro di significative violazioni delle prescrizioni del Modello e delle relative procedure da parte dei soggetti condannati, violazioni rilevabili ma non rilevate dai soggetti interni con obblighi di vigilanza, i quali omettevano l’assunzione di iniziative tese a modificare e adeguare il Modello.
È stata altresì stata riscontrata l’inadeguatezza del sistema sanzionatorio previsto dal Modello.
Per effetto di questi elementi, il Tribunale ha ravvisato l’inidoneità del Modello a prevenire il reato, e comunque l’inefficace attuazione dello stesso condannando dunque la società.