Le ultime fattispecie inserite nel catalogo dei reati 231

Le ultime fattispecie inserite nel catalogo dei reati 231

Con la Legge n. 137 del 9 ottobre del 2023 sono state inserite tre nuove fattispecie di reato nel catalogo dei reati presupposto previsti dal D. lgs. 231/2001 (Decreto 231) in materia di responsabilità amministrativa degli enti.

Nello specifico, all’articolo 24 del Decreto 231 vengono inseriti i reati di “Turbata libertà degli incanti” (previsto all’art. 353 c.p.) e di “Turbata libertà del procedimento di scelta dei contraenti” (previsto dall’art. 353-bis c.p.).

Tali reati ampliano l’ambito delle attività a rischio nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, includendo anche le fasi prodromiche allo svolgimento delle gare pubbliche.

La prima fattispecie riguarda in particolare quei comportamenti illeciti attuati al fine di impedire o disturbare il regolare svolgimento di una gara pubblica, ovvero allontanare gli offerenti.

La seconda fattispecie riguarda quella fase del procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando, o di altro atto equipollente, al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della Pubblica Amministrazione.

In entrambi i casi, trattasi di fattispecie di esclusivo interesse per le aziende che partecipano a gare di appalto pubbliche.

All’articolo 25octies.1 del Decreto 231– Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti – è stato invece inserito il reato di “Trasferimento fraudolento di valori” (previsto all’art. 512-bis c.p.).

Tale reato come previsto dal codice penale è configurato come segue:

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter*, è punito con la reclusione da due a sei anni.”

In altre parole, il reato sanziona la condotta di chi fraudolentemente trasferisce beni al fine di eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali come la confisca, il sequestro o l’amministrazione giudiziaria dei beni, o al fine di agevolare la commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio.

La norma in questione copre perciò la condotta di chi trasferisce i beni fittiziamente, continuando a mantenere la disponibilità materiale di essi.

Tale reato può potenzialmente essere commesso tramite una varietà di negozi simulati, non solo aventi ad oggetto denaro contante (su un conto corrente) o immobili, ma anche beni di diversa natura.

Un esempio potrebbe essere la cessione di quote o azioni al fine di estraniarsi solo apparentemente dalla proprietà della società, continuando però a svolgere occultamente l’attività di socio o azionista e a partecipare agli utili.

Negli anni è emerso come il trasferimento fraudolento di valori venisse commesso come delitto prodromico alla commissione di altri reati.

Sebbene il delitto richiamato ricopra primariamente una posizione preventiva in materi di antimafia, è indubbio che abbia un ruolo anche in ambito strettamente economico, consistendo in un’offesa all’economia pubblica, all’industria e al commercio.

Le aree di rischio inerenti al nuovo reato sono coincidenti con quelle di altri reati già ricompresi nel catalogo del Decreto 231, per esempio il reato di “Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante” o, più semplicemente, il reato di “Riciclaggio” e “Autoriciclaggio”.

Sarà quindi più agevole la conseguente modifica del Modello Organizzativo per quelle società che hanno già predisposto dei protocolli nelle parti speciali dedicate a reati societari o di riciclaggio.

Tuttavia, si rende comunque necessario svolgere un’analisi del rischio e una gap analysis, rivedere i protocolli adottati ed eventualmente integrarli con presidi specifici per questa fattispecie di reato.

A titolo di esempio, la dovuta attenzione dovrà essere data all’ingresso di nuovi soci, ai conferimenti, all’aumento di capitale e alle trasformazioni.

La sanzione pecuniaria pervista dal Decreto 231 a carico dell’ente è compresa tra 250 e 600 quote; sono inoltre applicabili anche le sanzioni interdittive, quali: l’interdizione dall’esercizio dell’attività, la sospensione o la revoca delle autorizzazioni licenze e concessioni, il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi, divieto di pubblicizzare beni o servizi.

 

*ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio.

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