Patto di non concorrenza: come redigere la clausola relativa al corrispettivo?

Patto di non concorrenza: come redigere la clausola relativa al corrispettivo?

Nelle ultime settimane ai professionisti del nostro studio è stato curiosamente posto il medesimo quesito da parte più clienti: “è possibile strutturare un patto di non concorrenza ex art. 2125 Codice civile prevedendo che il corrispettivo in favore del lavoratore venga erogato in costanza di rapporto di lavoro?”.

Di qui la scelta di trattare la tematica in questione nel nostro approfondimento mensile nella speranza di poter chiarire a tutti i nostri lettori eventuali dubbi sul punto.

In questa sede non ci dilungheremo sulle caratteristiche che il patto di non concorrenza ex art. 2125 Codice civile (di seguito, per brevità, anche p.n.c.) deve possedere per essere valido ed efficace: per un ripasso generale dell’argomento rimandiamo al contributo chiaro ed esaustivo che lo Studio Associato Palini e Bergamini preparò in occasione dell’uscita del primo numero della nostra newsletter e che potete trovare qui.

Ai fini di cui trattasi è infatti sufficiente che a Voi tutti sia chiaro un solo concetto: il p.n.c. è nullo se a favore del lavoratore non viene pattuito un corrispettivo che, come in più occasioni precisato dalla giurisprudenza, deve necessariamente soddisfare determinati requisiti:

  1. non deve essere meramente simbolico o manifestamente iniquo e sproporzionato tenuto conto del sacrificio richiesto al lavoratore e della riduzione di guadagno a questi derivante;
  2. deve essere determinato o comunque determinabile.

 

È infatti proprio con riferimento a quest’ultimo requisito della “determinatezza e/o determinabilità” che, nella pratica, si pongono i principali problemi, frutto di anni di pronunce giurisprudenziali tra loro contrastanti che, sul punto, hanno generato non poca confusione.

Le principali criticità si rilevano, in particolare, nei contratti in cui le parti hanno pattuito la corresponsione del corrispettivo per la non concorrenza post contrattuale su base mensile.

In questi casi, infatti, come da più parti sottolineato, il dipendente assume l’obbligo della non concorrenza post contrattuale a fronte di un corrispettivo che, al momento della sottoscrizione del patto, risulta incerto nel suo ammontare totale in quanto, di fatto, ancorato alla durata del rapporto di lavoro e dunque suscettibile di notevoli variazioni a seconda che il rapporto con l’azienda duri, ad esempio, 1 anno (percependo così 12 mensilità di corrispettivo) anziché 5 anni (incamerando, in questo caso, 60 mensilità).

Parte della dottrina e dei giudici - specialmente di merito - in un’ottica garantista degli interessi del lavoratore, generalmente ritenuto essere il contraente più debole, afferma che una clausola di tale tenore debba determinare la nullità dell’intero p.n.c. proprio per indeterminatezza e indeterminabilità del compenso pattuito a titolo di corrispettivo per il p.n.c.

Recentemente, tuttavia, si sta affermando sempre con maggior frequenza un orientamento giurisprudenziale di senso contrario secondo il quale il patto di non concorrenza che preveda un corrispettivo mensile, quindi variabile in relazione alla durata del rapporto di lavoro, non vada - di per sé - configurato come nullo purché la misura del corrispettivo effettivamente percepito dal dipendente risulti congrua al sacrificio richiesto.

In tale logica, richiamando quindi gli esempi precedentemente svolti, è verosimile ritenere il p.n.c. venga dichiarato nullo nel caso in cui il lavoratore cessi la propria attività con l’azienda dopo un solo anno dalla sottoscrizione dello stesso mentre, viceversa, sia considerato valido ed efficace nel caso in cui il rapporto di lavoro con il dipendente prosegua per, ad esempio, 5 anni.

Si tratta pertanto di una valutazione di validità del p.n.c. da effettuarsi ex post che, comprensibilmente, determina nel datore di lavoro un’eccessiva incertezza rispetto alle sorti del patto sottoscritto con il lavoratore.

E quindi: esiste uno strumento utile al datore di lavoro per tutelarsi da eventuali contestazioni di nullità del patto fondate sull'indeterminatezza e indeterminabilità del corrispettivo?

Sarebbe scorretto da parte nostra avervi indotto a leggere questo approfondimento senza, in conclusione, fornire una possibile soluzione al problema.

Ebbene, l’accorgimento potrebbe essere prevedere un importo minimo garantito al lavoratore (congruo) a titolo di corrispettivo per l'impegno di non concorrenza dal medesimo assunto che venga lui riconosciuto a prescindere dall’effettiva durata del rapporto di lavoro. Il dipendente sarebbe in tal modo in condizione, sin dalla stipula dell’accordo, di poter valutare la congruità del compenso che percepirebbe in ragione dell’obbligo da assumere, restando così aleatorio soltanto l'importo maggiore che lo stesso potrebbe arrivare a percepire nel caso di lunga durata del rapporto di lavoro.

Richiamando un’ultima volta l’esempio di cui sopra, il dipendente che cessasse l’attività lavorativa dopo un anno dalla sottoscrizione del p.n.c., e che quindi avrebbe percepito solamente 12 mensilità di corrispettivo, riceverebbe comunque la somma minima garantita (calcolata sottraendo dall’importo minimo garantito quanto già versato in costanza di rapporto). In questo modo l’azienda avrebbe fondate ragioni per poter respingere contestazioni di indeterminatezza, indeterminabilità del corrispettivo riconosciuto a titolo di patto di non concorrenza.

 

Avv. Francesca Paris

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