Quando il logo goloso è caro ai consumatori ma incontra vincoli di legge: un monito ed un insegnamento.
La notizia della pare necessaria modifica al logo di uno dei prodotti più cari ai cioccolato-dipendenti ha fatto il giro del mondo rimbalzando tra giornali, televisioni e social media quasi come se si fosse trattato di un evento unico, epico, pazzesco. Ciò denota, da una parte, la forza, la riconoscibilità ed il successo tra i consumatori del marchio in questione e, dall’altra parte, il fatto che ci si debba comunque uniformare a dettami di legge ove necessario e preferibilmente anticiparli anche se ciò comporta la perdita di un qualcosa a cui si è abituati e forse affezionati (senza contare i costi sostenuti per anni in pubblicità ed immagine).
Ricapitoliamo in breve: il TOBLERONE, prodotto in Svizzera sin dal 1908, presenta(va) sulla confezione l’immagine stilizzata del monte Cervino: un monte iconico, 4478 metri di altezza, forma piramidale molto pronunciata, bellezza paesaggistica mozzafiato delle Alpi tra Italia e Svizzera. Soprattutto però, per gli acuti osservatori e conoscitori della famosa barra di cioccolato, il logo presentava all’interno del disegno del monte, la stilizzazione di un orso, simbolo araldico di Berna. Succede che Mondelēz International, a cui fa capo Toblerone, di recente sposti parte sostanziale della produzione fuori dalla Svizzera. Succede anche che in Svizzera dal 2017 sia in vigore la legislazione Swissness.
Essa dispone misure atte a tutelare la reputazione dei prodotti svizzeri per evitare abusi e non svilire il valore del ‘made in’ Svizzera e, brevemente ed in relazione a quello che qui ci occupa, essa definisce pure criteri puntuali per poter indicare sui prodotti ‘made in’ Svizzera e comporta quindi delle conseguenze in relazione all’uso di segni che farebbero pensare alla provenienza svizzera dei prodotti.
Nel caso di specie, prodotti alimentari, le condizioni che devono essere soddisfatte affinché un prodotto possa essere considerato come svizzero sono che almeno l’ 80% delle materie prime utilizzate provenga dalla Svizzera. Per il latte ed i prodotti latticini, la percentuale sale al 100% del latte. Inoltre, la tappa di trasformazione che conferisce al prodotto le sue caratteristiche essenziali (ad esempio, la trasformazione del latte in formaggio) deve aver luogo in Svizzera.
Appare evidente che se la Mondelēz International sposta produzione e conseguente approvvigionamento delle materie prime, non risponde più ai canoni stabiliti sopra e quindi non può usare il ‘made in’ Svizzera. La modifica del logo è dovuta ad un raccordo tra la legislazione sui marchi e la legislazione Swissness. Il logo come usato fino ad oggi inevitabilmente comunicava ai consumatori una provenienza svizzera (montagna iconica+ orso). Spostando la produzione e la provenienza dei prodotti, mantenere lo stesso logo avrebbe significato fornire una informazione ingannevole per i consumatori. In base alla legislazione vigente è vietato l’uso di un nome, segno e marchio se ne risulta un rischio di inganno per il consumatore in relazione alla provenienza dei prodotti contraddistinti dal marchio.
Al netto della vicenda e delle disposizioni circa l’uso del ‘made in’ che trova simile applicazione anche in Italia, il monito è quello di monitorare costantemente il proprio portafoglio marchi, soprattutto se consta di marchi con loghi che rappresentano paesaggi, simboli araldici, con nomi geografici ecc. per evitare che ne possa derivare dall’uso un inganno per il consumatore, verificando naturalmente paese per paese la possibile differente legislazione applicabile. L’insegnamento è quello di agire per tempo e prima di inevitabili sanzioni circa la possibile ingannevolezza dei segni usati con modifiche ai marchi, ai loghi, alle rappresentazioni grafiche dei medesimi.
Dott.ssa Irma Spagnuolo, Studio Cantaluppi & Partners