Responsabilità delle imprese operanti nei contesti a rischio e sicurezza dei lavoratori – Commento ad una recente Sentenza della Corte di Cassazione
- Il caso esaminato dalla Corte
Con la sentenza n. 31665 del 2 agosto 2024, la Cassazione si è espressa in ordine alla responsabilità penale di una società – appaltatrice - e del suo management in relazione al verificarsi di un evento che ha portato al decesso di due tecnici italiani mentre si trovavano in trasferta presso il cantiere della committente in territorio libico.
Nella fattispecie, l’operation manager presente in Libia (al quale era stata conferita la delega per la sicurezza) aveva disatteso le procedure da seguire per il trasporto “in sicurezza” di quattro dipendenti verso gli impianti libici della società committente: mentre le procedure aziendali imponevano lo spostamento dei lavoratori via mare (attraverso una nave messa all’uopo a disposizione), il dirigente decideva di effettuare il loro trasporto via terra (a mezzo di autovettura con autista). A seguito di tale decisione i quattro tecnici venivano rapiti, e due di essi trovavano successivamente la morte nel corso di uno scontro armato.
L’evento determinò l’avvio di un procedimento giudiziario (per omicidio colposo) a carico (i) dell’operation manager, (ii) della società presso la quale era assunto, nonché (iii) di alcuni membri del Consiglio di Amministrazione di quest’ultima.
In sede di merito il manager aveva patteggiato una sentenza di condanna. Per quanto riguarda gli altri soggetti coinvolti, in primo grado venne ritenuta la colpevolezza sia della Società che dei membri del Consigli di Amministrazione, mentre in secondo grado venne confermata la responsabilità della Società, e affermata l’innocenza dei membri del Consiglio di Amministrazione. La questione fu successivamente portata all’attenzione della Suprema Corte.
- Eventi occorsi all’estero e giurisdizione italiana
Nel caso di specie la Corte ha avuto modo di confermare la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, e ciò in forza: (i) del collegamento territoriale della sede legale della società e della sede nella quale ha operato il C.d.A., entrambe in Italia, e (ii) del fatto che l’omissione contestata ai componenti del C.d.A. si riferiva ad azioni (predisposizione del DVR, gestione del rischio, controllo del flusso delle informazioni, verifica delle direttive aziendali) che avrebbero dovuto tenersi in Italia.
- La decisione della Corte: assoluzione dell’organo gestorio e condanna del dirigente
Il provvedimento in commento è di particolare interesse per il suo impatto sulla tematica delle responsabilità – rispettivamente - dell’impresa (ai sensi del d.lgs. 231/2001) e dell’organo gestorio, nonché sulla valutazione, in sede giudiziale, dei protocolli di sicurezza aziendali e della struttura del Modello Organizzativo adottato (MOG).
La Suprema Corte ha infatti ritenuto:
- di confermare l’assoluzione di tutti i componenti del C.d.A., fondata sul convincimento che la decisione di trasferire i tecnici via terra sostanziasse una decisione autonoma (oltre che una condotta imprevedibile) del dirigente presente in loco. Dalle pregresse istruttorie era emerso che l’operation manager non aveva informato della propria decisione i vertici della società, e che non vi erano elementi per ritenere che i componenti del C.d.A. fossero in altro modo venuti a conoscenza delle intenzioni del dirigente;
- di annullare la sentenza di condanna della Società, sulla base tanto di una valutazione di adeguatezza del Modello Organizzativo in essere in relazione al rischio considerato, quanto di un’idonea attività di monitoraggio del rispetto delle prescrizioni organizzative aziendali a tutela della sicurezza.
- “Colpa di Organizzazione” e Modello di Governance
Nel merito, dopo aver ribadito che per configurarsi la responsabilità della società ex d. lgs. 231/2001, è indispensabile ravvisare (i) una "colpa di organizzazione" (ovvero la responsabilità dell’ente derivante da una carente implementazione delle misure di prevenzione) e (ii) un interesse dell’ente alla commissione del reato, la Cassazione ha giudicato che, nel caso sottoposto al suo esame, la Società avesse correttamente operato, attuando politiche e procedure adeguate alla gestione dei rischi.
Si era infatti riscontrato che il modello organizzativo “esisteva ed era individuato in specifici documenti resi noti al personale”, e che lo stesso era “atto a prevenire il tipo di rischio poi concretizzatosi a seguito dell’estemporanea iniziativa dell’operation manager”.
In particolare, nei giudizi di merito era emerso come le procedure in essere prevedessero la disponibilità di una nave per il trasferimento in sicurezza del personale, nonché l’esplicito divieto di eseguire trasferimenti via terra; era emerso altresì che tali prescrizioni venivano costantemente rispettate in seno all’organizzazione.
Essendo stato individuato il fattore causale dell’evento nell’autonoma decisione del dirigente, si è esclusa la responsabilità del consiglio di amministrazione, che non era in condizione né di prevedere né di arginare una decisione così estemporanea; ciò ha portato dunque al giudizio di assoluzione dell’organo gestorio.
- Conclusioni
La decisione qui commentata, oltre ad evidenziare l'importanza di un approccio sostanziale nella valutazione della responsabilità degli enti, accende il faro sulle decisioni dei dirigenti, che - anche se assunte all’estero, specialmente se in contesti rischiosi – presuppongono una governance attenta e procedure chiare. Ciò impone un continuo monitoraggio dell’adeguatezza delle strategie di sicurezza, con una conseguente revisione dei modelli organizzativi per garantirne il costante aggiornamento.